Il metodo Bobath, oggi conosciuto anche come concetto Bobath, rappresenta l’approccio fisioterapico d’elezione nella medicina occidentale nei pazienti con disturbi del movimento e del controllo posturale legati a lesioni neurologiche. Il metodo si fonda sulla pratica del problem solving, cioè della ricerca di nuove soluzioni adatte al paziente che, con l’aiuto del terapista, seguirà un nuovo apprendimento motorio per intervenire sulle perdite funzionali determinate dalla lesione. Il metodo Bobath richiede una forte interazione tra paziente e fisioterapista: non si tratta di una forma di fisioterapia passiva, quanto più di una rieducazione, un apprendimento continuo del paziente e, parallelamente, una continua rivalutazione e reimpostazione da parte del terapista.
Questo approccio fisioterapico, sviluppato originariamente in ambito pediatrico nel trattamento di bambini con sindromi neurologiche e solo successivamente sviluppato anche per gli adulti, deriva dagli studi di Karel e Berta Bobath. Ideato negli anni Cinquanta, si fonda sull’idea del potenziale recupero funzionale di una zona lesa. Oggi, la fisioterapia per i pazienti con lesioni neurologiche, praticata nella maggior parte dei casi secondo il concetto Bobath, fa parte di un percorso multidisciplinare, talvolta indicato come Bobath 24, in cui si cerca di non far rientrare la fisioterapia in una sterile ora giornaliera separata da tutto, ma all’interno di una giornata scandita da visite, terapie e controlli con vari specialisti per ottimizzare il miglioramento del paziente.
I pazienti e il metodo Bobath
LINK PUBMED: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25427891
Sono molte le patologie che possono portare a lesioni neurologiche con esito in perdita di funzione motoria e posturale. Tra le più comuni nell’adulto abbiamo:
Alla base di tutte le patologie su cui il metodo Bobath può intervenire troviamo un’alterazione della funzione motoria. L’alterazione di una funzione porta ad un’incapacità di compiere correttamente un gesto motorio volontario direzionato ad uno scopo. Molte patologie, tra cui quelle sopra citate, a carattere neurodegenerativo vanno ad intaccare queste funzioni, portando a funzioni alterate, rallentate o assenti.
Il metodo Bobath non è efficace solo in quei pazienti che hanno subito una perdita di funzione, come un’emiparesi, ma anche in quei pazienti in cui il movimento è fortemente alterato, scoordinato, non fluido, ma presente.
Le patologie che intaccano il sistema nervoso centrale, come tumori o lesioni cerebellari, patologie dei nuclei della base e analoghe, possono infatti dare luogo a sindromi cinetiche, con caratteristiche manifestazioni, come atassia, abasia, tremore. In tutti questi casi il metodo può dare dei risultati, più o meno marcati a seconda del paziente.
I principi di base del metodo Bobath
LINK PUBMED: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29250987
L’obiettivo principale del metodo Bobath è di migliorare la funzione persa a seguito di lesione. Trattandosi di pazienti con danni cerebrali, la rivoluzione fisioterapica portata dal metodo consisteva proprio nell’idea di sfruttare la plasticità neuronale per indirizzare il cervello ad un nuovo apprendimento delle funzioni motorie. La plasticità neuronale consiste nella capacità del nostro sistema nervoso di modellarsi e rimodellarsi a seconda degli stimoli ricevuti: è quello che normalmente accade durante l’apprendimento nell’età evolutiva. Nonostante la degenerazione non possa essere recuperata dal momento che i neuroni sono cellule incapaci di moltiplicarsi, è possibile “riprogrammare” aree cerebrali affinché si prendano carico delle funzioni danneggiate dalla lesione cerebrale.
Compito del terapista sarà quello di dare gli input giusti. Il concetto Bobath si fonda su due aspetti fondamentali: l’inibizione dei movimenti riflessi e la facilitazione dei movimenti volontari condizionati da determinati atteggiamenti posturali.
Inibizione – come ottenerla
Nei pazienti con lesioni neurologiche è molto comune che, oltre all’alterazione della funzione motoria, si abbia anche un’eccessiva attività riflessa. Questa è dovuta ad una minor inibizione su alcuni neuroni causata dalla degenerazione dei neuroni dell’area lese. Prima di andare a lavora sul recupero della funzione motoria, il fisioterapista dovrà concentrarsi sull’inibizione di questi movimenti riflessi. Questa inibizione viene ottenuta attraverso le posture inibenti riflesse, cioè tramite il mantenimento di una postura fissa a lungo che permettere il rilassamento della muscolatura.
Un esempio pratico: vogliamo inibire muscoli iperattivi a livello della spalla. Con il paziente in posizione seduta e i piedi ben poggiati a terra, il terapista posizionerà l’arto a 90° rispetto al tronco e andrà a regolare la posizione del cingolo scapolare. Si manterrà questa posizione per un po’ di secondi finché la muscolatura non inizia a rilassarsi. È importante durante la manovra, scongiurare la possibilità di evocare movimenti riflessi dell’arto controlaterale o degli arti inferiori.
Facilitazione – in cosa consiste
La facilitazione si articola su tre aspetti principali: manualità del terapista, modifica ambientale, scelta del compito funzionale.
Fondamentale per il processo di facilitazione è la ripetizione: ogni movimento da riapprendere dovrà essere eseguito non solo durante la manipolazione terapica, ma anche in altri contesti. È compito del fisioterapista variare il contesto motorio, la situazione che richiede un determinato movimento, per riprodurre contesti di vita reale: in questo modo la funzione riappresa raggiungerà stabilità e ripetibilità anche nel quotidiano del paziente.
Esercizi nel metodo Bobath – casi pratici
Il metodo Bobath pediatrico
Il metodo Bobath è nato originariamente in ambito pediatrico ed è impiegato tuttora nei bambini con paralisi cerebrale infantile. La paralisi cerebrale infantile (PCI) è definita come “un disturbo persistente ma non progressivo della postura e del movimento”, ciò significa che si hanno alterazioni del movimento, senza degenerazione progressive delle funzioni. La patologia deriva da lesioni del tessuto nervoso che possono sopraggiungere durante il periodo prenatale, perinatale o comunque entro i primi tre anni di vita. Con un’incidenza di 2-3 bambine ogni 1000 nati vivi, la PCI è sfortunatamente più comune nei bambini nati prematuri.
Il metodo Bobath può risultare particolarmente efficace nel trattamento di questi bambini che possono iniziare la terapia già da neonati: il concetto fondamentale è proprio la plasticità neuronale. Se nell’adulto riprogrammare il cervello può essere molto complesso, nel neonato, nei limiti del possibile, il processo di facilitazione agisce su un “foglio bianco”, l’apprendimento motorio invece di seguire il normale pattern evolutivo, sarà orientato verso l’indirizzamento della minor perdita di funzione a seguito di lesione. Nella paralisi cerebrale infantile l’area lesionata andrà incontro a cicatrizzazione, quindi di fatto il danno è irreversibile, ma dall’altro lato, non peggiora col progredire dell’età.
È opportuno sottolineare che, sia nel caso degli adulti che nel caso dei neonati e bambini, tale metodo deve essere applicato solo da fisioterapisti opportunamente formati, con un solido background di teoria e pratica. A tal proposito, sono molti i corsi e master volti a formare fisioterapisti qualificati per l’applicazione del metodo Bobath, reperibili su internet e su siti accreditati, come i corsi proposti da New Master Percorso Ufficiale Bobath e www.edumed.it.